Van Gogh 2.0

In un tripudio di musica e colori si è chiusa la mostra “Van Gogh Alive:  the Experience ” che si era aperta lo scorso 25 ottobre al Palazzo degli Esami a Trastevere. L’esposizione, che aveva avuto grande successo  all’estero, è stata accolta dal pubblico romano con entusiasmo, ben 130000 i visitatori fino alla metà di marzo,  tanto da essere prorogata fino al 23 aprile. Il grande successo riscontrato non deriva  tanto dalla quantità e qualità delle opere esposte (in buona parte copie delle originali) quanto dalla modalità  dell’esposizione, non ancora molto diffusa in Italia; un percorso multimediale che prevede accanto alla proiezione delle immagini un supporto musicale capace di calare lo spettatore nella tormentata  vicenda artistica e umana di quel grande artista olandese che stato Van Gogh. La mostra è stata anche oggetto di un’iniziativa di live-painting degli studenti della RUFA (Rome University of Fine Arts), intitolato – citando Magritte – “Ceci n’est pas un Van Gogh”. Il percorso espositivo è incentrato sul periodo più proficuo e tragico della vita di Van Gogh, il decennio 1880-90, e ripercorre in particolar modo le tappe fondamentali della vicenda privata dell’artista  alla quale sono associati i diversi periodi delle sua produzione artistica. Nato nel 1853 a Zundert, Van Gogh si appassionò al disegno sin dall’infanzia ma iniziò a dedicarsi  esclusivamente alla  pittura solo all’età di 27 anni. Fino al 1875 fu impegnato con lo zio presso la Casa d’arte Goupil grazie alla quale ebbe modo di lavorare a stretto contatto con il mondo artistico del tempo, frequentando musei e collezioni. Tentò poi, in vari modi, di intraprendere la carriera ecclesiastica, mosso dal desiderio appassionato di aiutare il prossimo. Resosi conto che non sarebbe mai potuto diventare predicatore, finalmente nel 1880 si iscrisse, incoraggiato dal fratello Theo, all’Accademia di Belle Arti. Ed è in questo decennio, l’ultimo prima della morte precoce, trascorso tra Parigi, Arles, Anversa, Saint-Rémy e Auvers-sur-Oise, che si concentra la maggior parte della sua produzione artistica. Particolarmente  fecondi furono soprattutto gli ultimi due tormentati anni di vita. Le numerose crisi dovute alla malattia e all’abuso di assenzio e alcol,  unite alle tensioni legate alla difficile amicizia con Gauguin culminate con la mutilazione di un  orecchio da parte dello stesso Van Gogh, non impedirono all’artista olandese di realizzare capolavori immortali prima del suicidio. Una breve biografia dell’artista,  illustrata dai quadri più significativi,  si offre al visitatore nella prima sala  della mostra dove spicca la suggestiva riproduzione a grandezza naturale della camera da letto dell’artista  ad Arles. Un piccolo corridoio in cui sono proiettati il “Ramo di mandorlo in fiore” e la “Notte stellata” funge da collegamento con la seconda sala, in cui lo spettatore ha l’opportunità di immergersi nelle proiezioni su più livelli di schizzi, disegni e opere in parte meno conosciute. La riproduzione di immagini anche sul pavimento ha coinvolto in special modo i più piccoli: molti bambini si sono lasciati andare al ballo sulle note di Vivaldi e Chopin sotto gli occhi piacevolmente stupiti dei genitori. Del resto lo stesso Vincent  aveva previsto: “Io non vivo per me, ma per la generazione che verrà”.

Beatrice Marsili (1E)